lunedì 29 novembre 1999

chi ci separerà dall'amore?





post da leggere

Anima gemella




E' con grande affetto che posto volentieri uno dei

tuoi
più belli, toccanti e incisivi interventi Amica mia

Augusta e voglio dedicarlo a te Daniela.

Davide Costa




Ciascun uomo prima o poi nella vita incontra il dolore.

Come faremmo a conoscere la gioia, se non facessimo

esperienza del suo contrario, la sofferenza appunto,

nelle sue molteplici e variegate

sfumature?

Allo stesso modo non sapremmo cosa sia il giorno,

se non avessimo conosciuto anche il buio della notte.

Tuttavia, ci sono molte vite contrassegnate

misteriosamente e quasi profeticamente dal dolore,

in modo più incisivo rispetto ad altre.

E il dolore più intenso è quello vissuto in solitudine,

quando il nostro cuore trabocca di pena, di angoscia:

noi siamo irrimediabilmente soli e neppure il nostro

angelo viene a confortarci.



Ci sono dolori che la vita ci assegna e ai quali non

possiamo sottrarci.Nonostante ciò,molti altri sono

creati dalla nostra stessa volontà ed intenzionalità

o da quella altrui: i tradimenti degli amici, dei fratelli,

dei mariti o delle mogli, gli abbandoni,le calunnie

e tutte le sofferenze legate alla sfera morale o degli

affetti o dei sentimenti o della malattia nostra e di

altri (e ciascuno potrebbe stilare il proprio elenco),

in cui ciascun uomo grande o piccolo, importante

o comune, colto e indotto- rivela tutta la sua

vulnerabilità, perché colpito nel centro del proprio

essere, dove dimora la nostra vera essenza.

E’ nell’assenza che paradossalmente

sperimentiamo in modo quasi pungente,

la mancanza, l’incompletezza, la finitezza, proprio

perché siamo stati generati dall’Amore e siamo

chiamati costantemente ad esso, fino al giorno in

cui quello stresso Amore raccoglierà i nostri giorni

in unico fascio di luce, portandoci in un’ Altrove,

la Casa in cui abbiamo abitato a lungo e da cui

un giorno siamo partiti.



Ma finché stiamo percorrendo il nostro cammino,

il dolore verrà spesso a visitarci. Magari ci rivolgiamo

al nostro angelo, a Dio (a qualunque religione o

scuola di pensiero apparteniamo,) e gli chiediamo

di avere pietà degli oggetti della nostra tenerezza,

della solitudine dei cuori, di coloro che si amavano

e sono stati separati…

Esiste un brano, a mio parere molto consolatorio e

al contempo forte, di Paolo di Tarso, che nei momenti

della desolazione, rinvigorisce la speranza.

Se lo si recita come un mantra, ossia con un ritmo lento,

le parole e ciascuna di esse ha un significato profondo

scendono nel nostro cuore e diventano parte di noi.

Fin da quando ero giovane, nello sconforto più totale,

anche inconsapevolmente, mi accorgevo di ripetere

nella mente più e più volte queste parole, che si

possono riassumere nel concetto:



TUTTO CI PUO’ CAPITARE, MA NON

DI ESSERE PRIVATI DALL’AMORE DI DIO.



Lo trasmetto volentieri al caro fratello Davide e

agli amici di Jungometro.



“Io sono persuaso che

né MORTE,

né VITA,

né ANGELI

né PRINCIPATI,

né PRESENTE

né AVVENIRE,

né POTENZE,

né ALTEZZA

né PROFONDITÀ

né ALCUNA ALTRA CREATURA

potrà mai separarci dall'amore di Dio,

in Cristo Gesù,

nostro Signore"

(Rm 8,38-39)



Con l’augurio che anche chi non ha un preciso

riferimento religioso possa prendere da queste

parole la FORZA e la SPERANZA, perché l’Amore

vero, in qualunque modo lo si possa chiamare,

è POTENZA che pervade tutto l’Universo e parla

un solo linguaggio , al di là e oltre qualsiasi credo.



Augusta



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